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P R O G E T T I . E . R E A L I Z Z A Z I O N I . M U S E A L I
UN MUDEO PER LA CITTA': IL PROGETTO MUSEOLOGICO


in Il Museo della Città. Storia, progetto, cantiere aperto, Comune di Monza, 2007


All’inizio del 2003 fui incaricata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Monza di elaborare il nuovo progetto museologico per il Museo della Città, da allestire nel palazzetto di via Teodolinda oggi conosciuto come la ex Casa degli Umiliati.
Le pagine che seguono sono il risultato del lavoro così come fu presentato alla Giunta Municipale nel dicembre 2003. Su questo progetto si è sviluppato il progetto museografico curato dall’architetto Mide Osculati, dell’ing. Vittorio Bellini e dell’architetto Elena Amadio.
Dall’elaborazione del progetto al recente avvio dei lavori, con l’apertura del cantiere di restauro del palazzetto, nuovi elementi sono emersi, relativi sia al patrimonio sia all’edificio stesso: ciò ha significato per esempio modificare in alcuni punti l’andamento espositivo e ripensare l’uso di apparecchiature multimediali. Ma l’apertura del cantiere ha significato anche avviare la seconda fase del progetto museologico, che vedrà finalmente la messa a punto della distribuzione degli oggetti, degli apparati didattici e multimediali e degli approfondimenti, e la verifica di tutti i rimandi al territorio.
Si entrerà così nel vivo del percorso del futuro museo con tutti gli aggiustamenti che questo processo comporta e che andranno di pari passo con il procedere del restauro e dell’organizzazione impiantistica, dunque con l’allestimento vero e proprio. Il proseguimento dei lavori vedrà quindi intensificarsi il già prezioso rapporto di reciproco arricchimento tra il progetto museologico e quello museografico per raggiungere il comune obiettivo di un museo che – comunque fedele e aderente all’impianto originale – dialoghi creativamente con la realtà architettonica, con la personalità di coloro che saranno impegnati nella produzione multimediale, con i risultati delle ricerche più aggiornate sulla storia della città, con le eccellenze del territorio, oggi sempre più inserite in un processo di valorizzazione.

Il Museo e il territorio
Parlare oggi di un museo della città significa pensare a un centro che si ponga l’obiettivo di diventare il luogo di orientamento e di coordinamento della rete museale cittadina, nella vocazione ad aprirsi sul territorio e a valorizzare i patrimoni storici, artistici, monumentali e urbanistici che vi si trovano.
Un museo in grado di essere complementare con le altre istituzioni e strutture espositive aperte al pubblico presenti nella città, in grado di integrarsi in una gestione associata di servizi e di spazi, strategia questa indicata come prioritaria nella delibera Regione Lombardia 11543 del 20.12.2002.
Ciò significa che il progetto del nuovo museo deve anche prevedere la realizzazione di spazi idonei a erogare servizi utili per il museo stesso e per i musei e per le strutture espositive cittadine che siano interessati a condividerli (si pensa soprattutto in questo caso a una sala per conferenze e per didattica.)
Il servizio alla città e al territorio si deve inoltre esplicitare nella capacità di offrire ai visitatori stimoli che creino interesse sui temi scelti per raccontare la storia e l’identità della città, stimoli che spingano coloro che hanno visitato il museo e hanno fruito dei suoi servizi di didattica e di informazione a uscire sul territorio (inteso come uno spazio a cerchi concentrici che dalla città si allarga a contenere i confini della istituenda Provincia) e a continuare il percorso intrapreso nelle sale museali attraverso gli oggetti esposti e le postazioni multimediali.
Infine, il Museo della Città deve porsi in una relazione privilegiata di interscambio e di reciprocità con il futuro Urban Center, in un dialogo che dalla storia porta all’attualità di Monza.
Il Museo sarà progettato per rispondere pienamente ai requisiti richiesti della Regione Lombardia per rientrare negli standard museali di qualità.

Considerazioni museologiche
Parlando di un museo che racconti la ricchezza dell’identità di una città, occorre riflettere su due ipotesi di lavoro: si può lavorare pensando a un “Museo della città” o, in alternativa, a un “Museo per la città”.
La scelta di una preposizione sottende un differente modo di concepire l’identità del museo e il conseguente racconto che viene offerto al pubblico.
Questa differenza è ormai evidente in altri ambiti museologici, per esempio quando si parla di musei dei bambini o di musei per i bambini: è stato chiarito che il museo per i bambini è uno spazio de-
dicato ad allestimenti, mostre, installazioni, laboratori realizzati specificamente per i bambini e per contribuire al loro processo di crescita e di conoscenza; diversamente i musei dei bambini sono spazi che accolgono opere di generi differenti realizzate dai bambini stessi1.
Ugualmente, “un museo della città” affronterà il succedersi di eventi e fatti per ricostruire una storia da “conservare”, da musealizzare.
Un “museo per la città” enuncerà gli elementi portanti della specificità della città nel tempo – elementi che ancora sono la struttura del presente e del futuro del luogo e della sua comunità – in una sorta di “archivio” da consultare e da cui trarre documentazione e ispirazione. Ed è su questa chiave di lettura che sarà impostato il progetto museologico.
Come scriveva Walter Benjamin, la continua mediazione tra passato e presente è il ruolo stesso di ogni pezzo da museo, nei riguardi del quale ci si aspetta che un pubblico adulto sia capace di “abbandonare l’atteggiamento placido e contemplativo di fronte all’oggetto per divenire cosciente della costellazione critica in cui proprio questo frammento del passato si trova esattamente con questo presente”.2
Questa riflessione ci porta a un’ulteriore valutazione: appare infatti prioritario, che un museo affinché sia attivo e possa crescere – soprattutto se di piccole dimensioni e non custode di “capolavori” universalmente riconosciuti come tali – non si rivolga come suo obiettivo primario al turismo culturale, dunque a un pubblico “straniero” rispetto alla città, quanto piuttosto alla propria comunità; occorre dunque pensare a quello che gli anglosassoni chiamano neighborhood museum.
Sarà così possibile innescare quel meccanismo di volontariato, di donazioni, che caratterizza un museo partecipe della vita della comunità; sarà così possibile per il museo assolvere il suo scopo fondamentale, quello cioè di farsi strumento di crescita culturale.
Tornando alla riflessione sul “museo della città” e sul “museo per la città”, in entrambi i casi il percorso sarà a carattere fortemente storico, intendendo con questo aggettivo l’esposizione di idee, di configurazioni sociali, economiche, politiche, culturali che hanno interessato la città; l’esposizione di riletture critiche di fatti quotidiani e di eventi eccezionali che hanno prodotto anche oggetti.
Ed è proprio su questo “anche” che è opportuno soffermarci: gli oggetti esposti in un museo dedicato a raccontare l’evoluzione dell’identità di una città sono le testimonianze materiali di processi, di beni e di valori quali il governo, l’imprenditorialità, la religione, la politica, l’internazionalità, la salubrità, la cultura.
Dunque agli oggetti esposti viene riconosciuto il ruolo di “illustrazioni” all’interno di un ponderoso libro di storia: tutti sappiamo quanto siano importanti le tavole a colori che ci consentono una pausa nel ritmo serrato della presentazione di un concetto o di un evento. In altri termini, gli oggetti – siano essi preziosi manufatti o prodotti seriali – diventano significative puntualizzazioni lungo un percorso di senso, diventano gli artefici di una migliore comprensione da parte del pubblico di un racconto che primariamente mette a fuoco l’incedere e il concatenarsi di strategie politiche e di rapporti sociali.
I reperti archeologici e gli utensili da lavoro, le incisioni e le fotografie, gli arredi razionalisti e i prodotti industriali, i dipinti e le arti decorative, tutti subiscono quello che viene definito un processo di “sottrazione”: i singoli oggetti cioè non vengono esposti con l’intento di esaltarne le qualità intrinseche estetiche e/o tecniche (la materia con cui sono fatti, la tecnica di realizzazione).
Al contrario, sono offerti allo sguardo del visitatore in un contesto che tende a valorizzarne più che la singola specificità piuttosto la qualità emblematica di appropriata e sintetica rappresentazioni di fatti, idee, dogmi.
A questo proposito scriveva Plinio nel libro XXXVII della Naturalis Historia “Basta ai più una gemma qualunque per giungere a una visione generale e completa della natura”, riferendosi al collezionismo di pietre incise assai diffuso in epoca imperiale: con questo compendio magistralmente espresso, Plinio esprime la potenzialità narrativa degli oggetti a cui si attribuisce il ruolo di rappresentare un intero patrimonio di saperi.
All’oggetto esposto in un percorso storico, infatti, viene riconosciuto questo ruolo di medium di un intero sapere – sia esso politico, religioso, produttivo, artistico, culturale – e i legami che si vengono a creare tra i materiali del percorso museale diventano ponti verso una comunicazione basata su ciò che è stata definita “risonanza”.

Il principio di “risonanza”
La “risonanza” è uno strumento diffusamente utilizzato negli allestimenti museali, allestimenti in cui – come scrive Maria Clara Ruggieri Tricoli – “l’oggetto acquisisce, nel momento in cui diventa oggetto esposto, un valore emblematico particolare, diventa il simbolo di una categoria del sapere, di un’epoca, di una civiltà, di una tendenza artistica, di un luogo, di un fenomeno naturale, di qualcosa, insomma, che non possiamo attingere direttamente nella sua interezza. Dunque, il compito del museo, attraverso i suoi oggetti, è di collegare il visibile all’invisibile, di evocare il fantasma, insomma”3.
Una esplicita definizione di “risonanza” fu data da Stephen Greenblatt nel 1988: “Per risonanza intendo il potere di cui è dotato l’oggetto esposto di varcare i propri limiti formali per assumere una dimensione più ampia, evocando in chi lo guardi le forze culturali complesse e dinamiche da cui è emerso e di cui l’osservatore può considerarlo un campione rappresentativo”4.
Si può dunque dire che la “risonanza” apra la porta alla storia evocando nello spettatore l’idea della costruzione culturale degli oggetti esposti, spostando la sua attenzione dalla celebrazione estetica dei singoli pezzi alla comprensione di relazioni multidisciplinari.
È indubbio infatti che questo impianto museologico si fondi su un approccio multidisciplinare: è infatti l’intersecarsi di più discipline nel dipanarsi di un percorso espositivo che accresce la capacità di comunicazione “per risonanza” degli oggetti, aprendo a inaspettati rapporti di parentela tra oggetto e oggetto, tra traccia storica del racconto e manufatti.
In definitiva, il Museo per la Città di cui ci stiamo occupando si colloca sulla strada indicata dalla museologia contemporanea come “orientata alla narrazione”, piuttosto che all’oggetto: in altri termini, per quanto sia forte la pregnanza degli oggetti e per quanto sia sentita la necessità della loro raccolta, questi elementi non sono considerati prioritari nella narrazione svolta.
Gli oggetti esposti, numericamente esigui, devono tradursi in un complesso coerente e comunicabile, devono diventare sistema: come scrisse il grande museologo americano Ellis Burcaw già negli anni Venti “good collecting requires logical, intelligent planning”.

L’allestimento
L’allestimento è il luogo per eccellenza della metafora: “disporre un oggetto per farlo vedere, immobile e muto, può sembrare la forma più arcaica di uno spettacolo[.…] l’evidenza del gesto di esporre non deve nascondere la sua complessità. Esso contiene differenti tipi di spettacolo, questo è ciò che meno è stato teorizzato, riservando la critica agli oggetti dell’esibizione, come se essa marciasse da sola, dissimulata dalla loro stessa passività”5.
Con questa riflessione, entriamo nel merito del tema dell’allestimento, o come forse è più corretto dire, dell’intera comunicazione del museo. Comunicazione, in un Museo, non significa infatti solamente entrare in rapporto con i potenziali visitatori all’esterno attraverso le tecniche collaudate di pubblicità, pubbliche relazioni, studio di immagine…; significa anche, e vorrei dire soprattutto, parlare con chi già si trova all’interno.
In altri termini, comunicare significa per un museo essere in grado di esprimere in maniera chiara, coerente, interessante, e, perché no, divertente l’identità che a quello specifico museo è stata riconosciuta; significa essere in grado di rappresentare attraverso tutti gli strumenti che la museologia e la museografia mettono a disposizione ciò che in marketing viene definita la missione.
Impostare il percorso di visita, allestirlo, illuminarlo, corredarlo di apparati didattici e esplicativi, creare soste, sollecitare accelerazioni: tutto questo è ciò che l’allestimento può fare per rendere il racconto che il museo intende proporre comprensibile per il visitatore.
Si può dire che l’allestimento è il luogo di una messinscena culturale: dinanzi all’oggetto non si è mai neutrali.
A questo proposito paiono particolarmente illuminanti le parole di una museologa americana che scrive: “In definitiva l’allestimento presenterà l’oggetto in una forma di realtà negoziata fra tutto quello che l’oggetto può rappresentare, le necessità dell’allestimento, l’ideologia generale del museo, le competenze e gli interessi dei curatori”6.
Ciò significa che ogni museo parla la lingua del proprio tempo, della società di cui diventa strumento di rappresentazione, della cultura di coloro che sono stati chiamati a progettarlo: una lingua che si evolve e che si trasforma, mutando il rapporto tra i significati e i segni (cioè gli oggetti), poiché anche gli oggetti sono parole che vanno strutturate in un discorso.

Tra realtà e virtualità
In un museo che racconti l’identità di una città nel tempo, le sue permanenze, i suoi cambiamenti, abbiamo visto come gli ogget-
ti classicamente definibili “da museo” non siano gli unici portato-
ri di messaggi: agli oggetti “da museo” – numericamente limitati perché scelti per la loro forza emblematica di rappresentare un insieme, un tutto – si andranno ad affiancare altri elementi, altri strumenti in grado di tradurre l’idea di un’identità in un percorso. Basti pensare all’uso della multimedialità, alle restituzioni virtuali, alle suggestioni visive, ai giochi interattivi, alle evocazioni di particolari periodi o personaggi attraverso vere e proprie invenzioni sceniche e installazioni.
Di questi strumenti parleremo in seguito, affrontando nello specifico il percorso del Museo per la Città di Monza: qui occorre soffermarsi sul possibile – e a mio avviso auspicabile – affiancamento nell’allestimento del museo di oggetti “classici” e di apparecchi, schermi, simulazioni, di tutto ciò che rientra, potremmo dire, nella sfera virtuale – tecnologica e che partecipa allo svolgimento del racconto che il museo offre ai propri visitatori.
Infatti il porre vicini oggetti e elementi tra loro profondamente differenti, addirittura apparentemente incongruenti per tipologia, epoca, tecnologia, rompe l’assuefazione a un messaggio, l’attenzione abitudinaria, la routine di una visita (anche il “Bello” può dare assuefazione) e impone un “cambio di marcia”, cioè un riassetto del proprio percorso mentale e cognitivo.
Questo meccanismo, che i filosofi chiamano l’“amicizia dell’errore” (error-friendliness) illumina di prospettive nuove la rigidità dell’allestimento, sottrae alla passività il visitatore. L’“amicizia dell’errore” apre all’interdisciplinarietà, scardina la specializzazione con l’introduzione dell’inatteso: l’“errore” ci spinge a porci domande nuove, a fare accostamenti e ragionamenti inaspettati, poiché “quando non si trova nessuna soluzione in una disciplina, le soluzioni arrivano dal di fuori della disciplina”7.

Il Museo per la città e Monza

Riportando le precedenti riflessioni museologiche al caso del Museo per la città di Monza, occorre innanzitutto partire da due dati di fatto:
• l’analisi dell’edificio destinato ad ospitarlo nel centro cittadino, conosciuto come ex Casa degli Umiliati;
• la ricognizione effettuata sul patrimonio civico destinato a esservi allestito.
Per una attenta riflessioni sulle caratteristiche storiche e morfologiche dell’edificio, e sulla distribuzione dei servizi che vi saranno ospitati, rimando ai contributi specifici in questa pubblicazione.
Basti qui ricordare le dimensioni assai ridotte dell’edificio nel suo complesso e dell’area destinata al percorso museale in particolare: infatti i servizi ospitati nell’edificio (per una analisi dettagliata si veda il paragrafo successivo) si articoleranno su tre livelli – sotterraneo, piano terra e primo piano – per uno sviluppo complessivo di circa 800 mq., di cui circa 350 per il percorso di visita vero e proprio al primo piano.
Inoltre vincoli di carattere storico obbligano al mantenimento di altezze, strutture e elementi architettonici preesistenti.
Per quanto riguarda la consistenza e la tipologia del patrimonio disponibile, il sopralluogo ha evidenziato due elementi importanti: l’esiguità numerica complessiva degli oggetti conservati nelle collezioni civiche che possano essere esposti nel Museo per la Città (con l’esclusione dunque di tutta la collezione di pittura e scultura che confluirà nella futura Pinacoteca); la prevalenza – in questo novero di oggetti – di reperti archeologici provenienti per lo più da scavi locali.
In conclusione, le dimensioni ridotte dell’edificio e la esiguità e la qualità dei materiali a disposizione, hanno confermato le linee indicate nella prima relazione (16 marzo 2003) circa l’opportunità di procedere a un progetto museologico che individui temi e periodi storici di particolare rilevanza nella costruzione dell’identità e della specificità di Monza.
Non sarà dunque affrontato un percorso cronologico che segua il lineare avvicendarsi dei secoli nella città: questa scelta ci avrebbe messo di fronte sia a grandi lacune di oggetti e documenti da colmare in un incedere temporale dove solo l’antichità romana avrebbe avuto risalto espositivo; sia a un affastellarsi di date e dati in uno spazio di poche centinaia di metri quadrati.
Sarà invece privilegiata la “trasversalità” di più temi che hanno attraversato e connotato la città lungo i secoli; sono stati cioè individuati quei temi e argomenti in grado di raccontare la storia di Monza nel tempo fino ad oggi, dandoci la possibilità di operare sintesi temporali anche importanti, senza per questo perdere di pregnanza narrativa e di correttezza scientifica.
In questo percorso, sarà enfatizzata la linea museologica di valorizzare il racconto della storia attraverso differenti strumenti che si affiancheranno ai pochi oggetti esposti, quali postazioni multimediali, installazioni che evochino episodi e suggeriscano percorsi, filmati, registrazioni sonore.

Le funzioni e i servizi del Museo della Città
Alla luce di quanto espresso nelle pagine precedenti, l’edificio che diventerà la sede del museo – la ex Casa degli Umiliati – sarà ripartito in differenti zone destinate a ospitare altrettante funzioni espresse dal nuovo Museo che espliciterà la sua natura istituzionale nell’accezione più moderna del termine – e coerentemente con gli standard espressi dalla Regione Lombardia – di luogo di conservazione, valorizzazione, comunicazione, e al contempo di istituzione attenta alle esigenze e aspettative del pubblico.
Non bisogna infatti dimenticare che il nuovo pubblico dei musei, diverso anche da quello di un decennio fa, si sta allontanando dall’idea che l’esposizione permanente sia l’unico servizio offerto e considera importante elemento per valutare la propria soddisfazione dopo una visita al museo, l’offerta adeguata e di qualità di servizi accessori, quali caffetteria, book shop e negozio, sale per incontri, didattica, postazioni di approfondimento. Strumenti tutti che tendono a diversificare le modalità di sosta e ad allungare i tempi della visita: scriveva lo storico Johan Huizinga che il visitatore del museo è sempre più homo ludens piuttosto che homo sapiens.
Il museo che si va così configurando risponde a due definizioni: si presenta come un “museo non fragile”, un museo cioè in cui le differenti funzioni si armonizzano con i differenti servizi che il pubblico sceglie, senza che questo sottragga senso al progetto e alla narrazione che il museo intende comunicare.
Si presenta inoltre come un “museo portale”: un museo cioè che, attraverso le parole chiave rappresentate dai temi scelti che saranno svolti nel percorso di visita, si apre alla città e al territorio e offre ai visitatori la possibilità di itinerari che, partendo dal museo, si completano e si intersecano con i patrimoni visitabili al di fuori delle sue porte.
Il rapporto con il territorio, il ruolo cioè del museo come valorizzatore degli elementi che costruiscono l’identità della città e che si esprimono completamente solo se letti in una dimensione extra museale, è fortemente richiesto anche dalle dimensioni ridotte dell’edificio del museo.
Pur rimandando alla relazione dei progettisti incaricati del progetto museografico la specifica definizione della distribuzione degli spazi, delle funzioni e dei servizi, qui di seguito se ne presenta una sintesi utile per la comprensione del progetto complessivo del museo.

• Percorso museale
A questa funzione “classica” è destinato il primo piano, anche se l’orientamento storico sull’edificio e l’esposizione di alcuni pezzi inizierà già a piano terra (per una analisi dettagliata del percorso museale si rimanda a una successiva relazione).

• Eventi culturali (conferenze, proiezioni, lezioni) e attività didattica di orientamento alla visita
A queste funzioni è adibita parte dello spazio sotterraneo dove sarà ricavata una sala con una capienza di circa 70 persone.
La sala sarà attrezzata con tutte le apparecchiature necessarie anche per ospitare conferenze e dibattiti internazionali, comprese le attrezzature per la traduzione simultanea.
La sala – con i servizi qui erogati – potrà essere utilizzata anche da altri centri espositivi della città non attrezzati con analoghe strutture che potranno avvalersi di questo spazio per la propria attività didattica quando sia necessario un approccio teorico precedente la visita all’esposizione.

• Accoglienza, orientamento, informazione, apertura sul territorio, book shop, caffetteria
A queste funzioni è dedicata ampia parte del piano terreno, al fine di rendere immediato per il visitatore l’orientamento ai servizi erogati nell’edificio e alle attività temporanee, l’accesso al museo, agli approfondimenti e ai rimandi sul territorio.
L’apertura sul territorio sarà svolta prevalentemente con postazioni multimediali (a questo proposito si veda il successivo paragrafo Gli strumenti/gli approfondimenti): sarà possibile per l’utente di queste postazioni stampare un proprio percorso di visita sul territorio costruito attraverso le informazioni offerte negli approfondimenti sui differenti temi affrontati.
Le postazioni saranno messe in rete con il sistema bibliotecario di Monza così da supplire alla mancanza di una biblioteca specifica all’interno dell’edificio, servizio educativo e di ricerca inserito dalla Regione Lombardia negli standard museali di qualità.
Il Book Shop sarà visibile già dall’androne di accesso da via Teodolinda grazie a vetrate che interromperanno la muratura e potrà essere frequentato anche da coloro che non visiteranno il museo e non usufruiranno delle altre attività ospitate.
La caffetteria sarà accessibile sia dall’ingresso principale di via Teodolinda sia da vicolo Ambrogiolo, consentendo anche in questo caso una fruizione svincolata dalle altre funzioni e servizi del museo.

• Laboratorio didattico per i bambini
Un’area a piano terra sarà adibita a laboratorio di gioco e di apprendimento legato ai temi affrontati nel museo, dedicato ai bambini per i quali sia prematuro l’approccio didattico sviluppato nella sala conferenze/proiezioni.

• Esposizioni temporanee
A queste manifestazioni che dovrebbero essere legate al racconto dell’identità e della specificità di Monza e della sua storia, è destinata una sala a piano terra, che avrà la caratteristica di estrema flessibilità al fine di ospitare mostre differenti fra loro per tipologia e allestimento. Considerate le dimensioni ridotte del locale, coerenti con il resto degli spazi disponibili nell’edificio, le mostre esporranno oggetti di ingombro limitato.
A questa funzione sarà riservato anche uno spazio di servizio per il montaggio/smontaggio delle mostre e eventuale temporaneo deposito degli oggetti da esporre.

La diversificazione delle funzioni presuppone una diversificazione anche della gestione degli spazi, che saranno aperti con modalità e tempi differenti (per esempio, la sala per esposizioni temporanee, la caffetteria e gli spazi di orientamento e vendita potranno essere aperti in orari serali durante i quali il percorso museale e gli altri servizi saranno chiusi). Ciò presuppone una differente gestione (per lo meno parziale) anche degli impianti tecnici.
La ricca articolazione di servizi aperti al pubblico richiede spazi idonei per ospitare uffici, personale scientifico e addetto alla didattica, depositi consultabili per gli oggetti non esposti; spazi per i custodi e i volontari che svolgeranno attività di accoglienza e di supporto alla guardiania; spazi per l’immagazzinaggio di materiali per la pulizia e manutenzione quotidiana; oltre agli spazi per gli impianti tecnici e la loro gestione.

Il percorso storico
Nella ricerca e individuazione dei temi in grado di raccontare gli elementi portanti dell’identità storica di Monza nei suo aspetti sociali, culturali, religiosi e dell’immaginario che si è creato intorno ad alcuni personaggi, luoghi e episodi, è stata fondamentale la collaborazione di storici che hanno dedicato studi e ricerche a Monza. Con loro ho riflettuto sulle scelte dei temi e grazie ai loro suggerimenti sono stati ampliati i percorsi di narrazione.
Renato Mambretti, autore di numerose pubblicazioni dedicate a Monza dal medioevo all’età sforzesca; Cesare Mozzarelli, ordinario di Storia Moderna presso l’Università Cattolica di Milano e autore di un importante studio sulla Villa Reale di Monza; Giustino Pasciuti, direttore della Biblioteca Civica di Monza e studioso dell’epoca romana, hanno arricchito e messo a punto la traccia che avevo delineato nella relazione del 16 marzo 2003.
I loro contributi e riflessioni diventeranno particolarmente importanti nella seconda fase del lavoro di progettazione che prevede l’elaborazione dei contenuti e dei testi che porteranno a definire il percorso di visita, grazie alla realizzazione dei pannelli lungo il percorso, degli approfondimenti, dei soggetti dei filmati proiettati nelle sale del museo e di tutti gli apparati ritenuti necessari affinché la narrazione verso i visitatori sia chiara e comprensibile.
In questa seconda fase saranno contattati anche altri studiosi specializzati sui differenti temi che saranno affrontati nel nuovo museo.
I temi scelti
I temi scelti, grazie anche alla collaborazione degli studiosi sopra citati, per raccontare l’identità della città nel passato e ancora vitali nel suo presente, diventano l’ossatura del percorso museale svolto al primo piano dell’edificio: sulla loro base sono stati individuati gli oggetti da esporre e saranno studiate le integrazioni virtuali, i filmati e gli altri strumenti museologicamente utili alla narrazione.
Ogni tema inoltre diventerà lo spunto e l’ispirazione per gli approfondimenti e le aperture sul territorio che saranno sviluppati al piano terra attraverso le postazioni multimediali: questi approfondimenti rimanderanno a altri luoghi e istituzioni nella città e al di fuori, in cui i temi prescelti possano trovare uno svolgimento più dettagliato e più ricco in termini di reperti e oggetti esposti e di monumenti visitabili.
Inoltre, nelle postazioni multimediali collocate al primo piano (lungo il percorso museale) saranno affrontati argomenti che, seppur importanti per cogliere in maniera più completa e ricca l’identità della città, non sono trattati nell’esposizione permanente o vi vengono solo accennati.
I temi scelti sono:
• le radici: i Romani e i Longobardi
• imprenditorialità
• internazionalità
• eccezionalità religiosa e amministrativa
• “salubrità”
A questi temi si intreccerà, o forse sarebbe meglio dire che a questi temi sarà sotteso il tema dell’acqua, dunque del Lambro, lungo
il quale e grazie al quale la città si è sviluppata, è cresciuta, si è
arricchita.
Le radici: i Romani e i Longobardi
Il percorso del museo si apre non tanto con un tema quanto con un doveroso omaggio alla storia della città: verranno esposti alcuni oggetti già presenti nel Civico Museo dell’Arengario, fino alla sua chiusura ma si punterà anche sull’evocazione della città romana, sulla vita che vi si volgeva, sull’importanza della via d’acqua e del grande ponte a otto campate che qualificava la città come luogo importante di passaggio e di commercio. Si accennerà ai cambiamenti avvenuti nel vicus romano con il passaggio degli Ostrogoti e l’arrivo dei Longobardi.
Già da questo primo “capitolo” del racconto svolto dal museo, si rimanda al territorio, alle presenze romane e longobarde visibili nella città e nelle zone limitrofe, a altri patrimoni museali in grado di essere autorevoli interpreti del tema affrontato, primo fra tutti al Museo del Duomo.
Dopo questa apertura su un preciso periodo storico, nel successivo andamento del percorso i temi si intrecceranno poiché proprio da questa sovrapposizione prende forza l’identità della città e ne emergono, nel trascorrere del tempo, caratteristiche e qualità che ancora oggi la connotano.

Imprenditorialità
Con questo tema si taglia trasversalmente la storia cittadina attraverso una qualità che dal XIV secolo arriva ai giorni nostri: alla imprenditorialità si affianca il tema del lavoro e delle sue manifestazioni più significative nella città e nel territorio. Sul tema del lavoro e sul progetto di un museo/archivio dedicato al lavoro saranno organizzati incontri e realizzate pubblicazioni, che troveranno nel museo della città – nella prospettiva della rete museale cittadina – una importante cassa di risonanza.
I materiali, i filmati, le “invenzioni” scenografiche e gli apparati didattici saranno scelti e studiati – come per tutti i temi prescelti – al fine di consentire lo sviluppo di una narrazione che, senza incorrere da una parte nell’errore di un impianto eccessivamente didascalico, e, d’altra parte, senza virare verso una esasperata spettacolarizzazione, sia in grado di illustrare lo sviluppo economico di Monza. Da ricordare che Monza è stata sede negli anni sessanta del Festival Internazionale del Film Industriale a cui partecipò anche Ermanno Olmi.

Internazionalità
Il tema intende sottolineare la grande visibilità internazionale di cui Monza ha goduto e gode, attraverso quattro topoi: il Duomo, la Villa Reale e il Parco; le Mostre Biennali delle Arti Decorative e l’Isia; l’Autodromo.
Ciascuno di questi “luoghi” ha rappresentato a suo modo e rappresenta ancora (o rappresenterà) la città su un palcoscenico internazionale.
I materiali per illustrare questo tema (come abbiamo già detto e come specificheremo nei paragrafi successivi) saranno molteplici e differenti: comunque individuati al fine di stimolare la curiosità e l’interesse dei visitatori ad approfondire il tema fuori dal museo, attraverso itinerari culturali e percorsi alla scoperta e riscoperta dei luoghi dell’“internazionalità” monzese.

“Eccezionalità” religiosa e amministrativa
Monza ha vissuto in una sorta di “eccezionalità” rispetto a norme imposte e rispettate nel territorio circostante e nella stessa Milano, che ne ha profondamente segnato la crescita: Monza è un’enclave di rito romano all’interno della diocesi ambrosiana; l’arciprete ha prerogative assimilabili a quelle dell’arcivescovo, senza esserlo; il santo protettore, san Gerardo dei Tintori, è un santo legato a un mestiere che ha avuto importanti ricadute nella città; Monza è stata “terra separata”, ha goduto cioè di benefici economici-fiscali particolari concessi dalla signoria milanese; la regina Teodolinda scelse Monza come sua residenza, ma il regno aveva sede a Pavia.
In definitiva, Monza sottolinea nel corso dei secoli la sua eccezionalità, la sua eccentricità: tutto questo deve essere comunicato al pubblico citando luoghi e episodi che facciano capire ciò che non si può raccontare con gli oggetti, ma piuttosto con la “messa in scena” della prosperità economica, di una relativa autonomia amministrativa, di una condizione “regale”.

“Salubrità”
Il tema prende spunto dalla fama goduta nel passato dalla salubrità dell’aria che aveva fatto di Monza, da Teodorico in poi, un luogo particolarmente ricercato per villeggiare.
Il tema si apre alla corona di ville che erano distribuite nel territorio monzese, cita ancora il Lambro ricordandone le acque pescose e si focalizza sul Parco e sul diverso modo di “utilizzarlo” e di viverlo dal Settecento ad oggi.
Su questo tema, il museo potrà rimandare all’Urban Center e ai progetti che vedono la riqualificazione del parco come area ecologica e spazio organizzato per un “pleasurable family day out for leisure and historical tourism”, facendo ricorso alla formula con cui vengono promossi parchi analoghi in area anglosassone.
Per l’esposizione museale, le incisioni di Sanquirico sul Parco (conservate presso la Biblioteca Civica) saranno giustapposte a immagini attuali, a filmati, a installazioni interattive.
Il tema si aprirà, come i precedenti, a percorsi sul territorio.
Il percorso del museo

Le linee guida - sintesi
Il percorso prende le mosse dalle linee guida museologiche precedentemente illustrate.
L’andamento narrativo e espositivo si sviluppa sui 5 temi scelti a rappresentare l’identità di Monza nel tempo:

A le “radici”
B imprenditorialità
C eccezionalità amministrativa e religiosa
D internazionalità
E salubrità e ambiente

Escludendo il tema “Radici” che ovviamente andrà sviluppato all’inizio del percorso, gli altri temi si intrecciano continuamente nella visita, e questa stretta correlazione sarà un elemento forte da comunicare al visitatore, nel tracciare la specificità della città.
Questo sviluppo del percorso a “incastro”, è sotteso e cucito da un filo rosso che è rappresentato dall’acqua, cioè dal Lambro e dall’importanza vitale che il fiume ha avuto nello sviluppo di Monza.
La presenza dell’acqua sarà evocata nel percorso anche attraverso suggestioni visive e interattive che accompagneranno il visitatore e che gli suggeriranno il valore di questo elemento nella costruzione dell’identità della città

Gli strumenti
Come già più volte sottolineato, il progetto musealogico poggia sull’idea di un museo orientato alla narrazione e non all’oggetto: ciò significa non eliminare i pezzi archeologici e storici oggi a nostra disposizione (per altro riconducibili a un numero assai esiguo) quanto piuttosto “utilizzarli” emblematicamente come sintesi di un’intera categoria di oggetti e di saperi, e renderli dunque funzionali a punteggiare un racconto che si avvarrà di molteplici codici narrativi e dunque di differenti strumenti.
Sarà dato inoltre spazio anche ad alcuni episodi interattivi per coinvolgere maggiormente il pubblico nel percorso di visita: questi strumenti sono apprezzati anche da un pubblico adulto, incline a momenti di pausa nel percorso passivo di apprendimento.
Gli strumenti impiegati nel percorso museale sono:
• oggetti archeologici e storici
• pannelli esplicativi e didascalie degli oggetti
• schermi su cui saranno proiettati video e immagini appositamente realizzati
• “installazioni interattive” idonee a aiutare il visitatore a entrare nella storia di Monza
• approfondimenti culturali attraverso l’uso di computer ospitati negli appositi spazi

Gli oggetti
Gli oggetti originali saranno numericamente contenuti e scelti per la loro qualità evocativa.
Gli oggetti saranno inseriti a fianco degli altri strumenti narrativi senza rigide barriere di separazione tra il pezzo “da museo” e gli schermi, i video e le “invenzioni”, saranno accompagnati da un apparato scientifico che ne indichi gli attributi essenziali (didascalie).

I pannelli
I pannelli utilizzano il classico strumento di comunicazione de-
lla scrittura e di eventuali elementi grafici (piante, statistiche, disegni, …), consentendo a un pubblico più tradizionale una chiave di lettura semplificata.
I testi saranno bilingue (italiano e inglese) e riporteranno sintesi sui temi trattati e sui manufatti esposti; sui pannelli sarà disegnata un’icona quando un particolare argomento attinente al testo illustrato diventerà tema di approfondimento nelle postazioni multimediali.
Per rendere immediata la comprensione dell’intreccio dei temi nel percorso, i pannelli si avvarranno di differenti colori legati ai rispettivi temi: alcuni pannelli potranno contenere riferimenti a più temi contemporaneamente.

Gli schermi
Gli schermi avranno la funzione di catturare l’attenzione del visitatore attraverso i filmati, le immagini, le ricostruzioni virtuali di ambienti naturali e urbani; la grandezza, la posizione e l’andamento degli schermi stessi saranno elementi fondamentali per raggiungere l’obiettivo di coinvolgere il pubblico nel percorso del museo.
Gli specifici contenuti dei video proiettati saranno oggetto della seconda fase del progetto.

Le “invenzioni”
Con questa definizione si intendono quegli apparati interattivi inseriti nel percorso al fine di rendere la visita al museo più coinvolgente e interessante. Qui di seguito si ipotizza un elemento che vuole esemplificare la ricerca di strumenti per incuriosire il visitatore che si trova al piano terra, spingendolo a salire al primo piano per visitare il museo vero e proprio.

Il cubo magico
Questo elemento deve comunicare al visitatore l’intreccio continuo dei temi che saranno svolti lungo il percorso del museo e che rappresentano l’ossatura dell’identità cittadina.
L’idea è quella di un cubo di importanti dimensioni sulle cui pareti siano continuamente proiettate le parole “emblematiche” del racconto (i temi, l’acqua,….) e i colori che li rappresenteranno lungo la visita.
Il cubo sarà collocato a piano terra in una posizione che lo renda visibile da differenti prospettive e che ne accentui il forte impatto di comunicazione per le persone che si trovano all’interno dell’edificio.

Approfondimenti culturali
Gli approfondimenti dedicati a argomenti legati alla narrazione e al territorio troveranno spazio nelle postazioni di computer dislocate a piano terra (minimo 4) e in una zona specifica del primo piano (6).
Particolare rilievo e spazio sarà dato a tutto il patrimonio civico archeologico che potrà così essere consultato a computer nella sua completezza. Qui di seguito si elencano alcuni degli argomenti che potranno essere oggetto di approfondimenti, a cui saranno aggiunti altri, in un lavoro di ricerca e di educazione in progress che connoterà la vita del nuovo museo:
- La cartografia della città
- La storia precedente a Roma
- Gli Umiliati
- L’ISIA
- Il Parco e le sue costruzioni
- Le manifatture e le industrie monzesi e del territorio
- La Xiloteca Cormio
- San Gerardo dei Tintori e l’assistenza pubblica
- Chi ha governato Monza?
- Come si fa un cappello?
- Complessi monastico - conventuali

Conclusione
Il percorso terminerà con una provocazione che inviterà il pubblico a rimettere in gioco quanto la visita ha raccontato.
In altri termini, dopo aver seguito un percorso che lo ha accompagnato a individuare la sedimentazione della storia di Monza attraverso temi che tagliano e attraversano il passato fino ad oggi, il visitatore sarà invitato a riflettere sulla vitalità della città e sulla sua capacità, o potenzialità, di reinventarsi nell’oggi e di non essere mai uguale a se stessa.
Sarà così riproposta la descrizione fatta da Italo Calvino di Maurilia, la città legata alla memoria, ne Le Città Invisibili.
Nel testo l’autore scrive che la città di ieri non è più la città di oggi ed ipotizza che ogni tempo veda nello stesso luogo città diverse.
Il racconto si conclude con queste frasi:
“[….] le vecchie cartoline non rappresentano Maurilia com’era, ma un’altra città che per caso si chiamava Maurilia come questa.”


NOTE :

1
Anna Casalino Musei per i bambini, Pendragon, Bologna 2002.


2
W. Benjamin Eduard Fuchs, il collezionista e lo storico in L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, trad. it. Einaudi, Torino 1966.

3
M.C. Ruggieri Tricoli I fantasmi e le cose. La messa in scena della storia nella comunicazione museale, Edizioni Lybra Immagine, Milano 2000.

4
S. Greenblatt Risonanza e meraviglia in I Karp, S.D.Lavine Culture in mostra. Poetiche e politiche dell’allestimento museale, trad. it. CLUEB, Bologna 1995.

5
Michel Mélot Une archéologie du spectacle in “Les Cahiers de médiologie” n.1, La querelle du spectacle, su Internet.

6
Gaynor Kabanagh, Making histories, making memories in idem (a cura di) Making Histories in Museums, Leicester Un. Press, Londra e New York 1996.

7
Jacques Labeyre Sur l’Interdisciplinarité in Carrefour des Sciences Paris 1990.